Come ben sappiamo, l’emergenza coronavirus ha causato un grande cambiamento in tutti gli ambiti della vita quotidiana, incluso quello scolastico. A marzo 2020, con l’inizio del lockdown nazionale, gli studenti e i docenti si sono trovati ad affrontare un nuovo modo di fare scuola: la Didattica a Distanza (DaD). Egidia Casciano, laureata in didattica della musica e docente di strumento musicale presso le scuole secondarie di I grado, ci racconta la sua esperienza a riguardo.

-Come è cambiato l’insegnamento della musica con la Dad?

L’insegnamento da remoto non è un argomento nuovo al mondo della formazione, basti pensare alle ragioni della sua introduzione, già dalla metà dell’Ottocento, oppure alla formazione professionale delle aziende o ancora alle Università Telematiche, e non solo. Eppure la Formazione a Distanza (FaD) non aveva ancora coinvolto (e stravolto) l’insegnamento della musica come in questi ultimi mesi. In questi anni alcune iniziative condivise sul web hanno permesso a musicisti e dilettanti di visionare gratuitamente video-tutorial sullo studio dello strumento: dalle prime fasi, fino allo studio avanzato. Non solo è possibile imparare uno strumento da autodidatta, ma anche iscriversi a scuole di musica online, ed avere la possibilità di essere seguiti da un tutor o di svolgere lezioni live da remoto. Le ragioni che hanno permesso la nascita della formazione da remoto nel settore dell’insegnamento della musica sono state molteplici: dal semplice piacere di condividere le proprie competenze, alla necessità di raggiungere una vasta utenza, proveniente da qualsiasi luogo. D’altronde, se era stato possibile istituire l’Università Telematica che permettesse il conseguimento di titoli di studio senza raggiungere sedi, limitando dunque le spese e gli spostamenti, e di gestire il proprio tempo in base ai propri impegni, perché non sarebbe stato possibile farlo con la musica? La ragione è facile: l’apprendimento della musica implica interazione e contatto, aspetti limitati da remoto. Per coloro che avevano avuto già esperienze (da docente o allievo) con la formazione della musica a distanza, la situazione emergenziale ha portato a nessun cambiamento. Purtroppo la stragrande totalità di docenti e alunni della scuola pubblica, e non solo, non aveva mai svolto lezioni a distanza, per cui ci si è trovati di fronte un grande ostacolo, rappresentato soprattutto dalla difficoltà di comprendere che un nuovo mezzo richieda un nuovo metodo. Certamente è stato necessario acquistare nuovi dispositivi (pc, tablet, webcam, microfoni…), implementato o migliorato la qualità della rete internet, o semplicemente, in alcuni casi, è stato necessario imparare ad utilizzare i mezzi già in possesso. Per quanto concerne l’apprendimento della musica, è importante distinguere i contenuti teorici da quelli pratici. Da remoto è stato possibile erogare i primi con meno difficoltà rispetto ai secondi; per le lezioni pratiche di strumento musicale è stato necessario introdurre nuovi percorsi e strategie personalizzati. Tuttavia, per varie cause, non tutti sono riusciti a restare al passo del cambiamento, ed alcuni allievi, soprattutto i più deboli, sono stati penalizzati dall’introduzione di una didattica emergenziale. Soprattutto per gli alunni agli inizi, è stato difficile spiegare la postura da adottare, le tecniche di respirazione, e non solo. L’osservazione e l’imitazione sono stati svantaggiati dalla presenza di uno schermo, una barriera calata tra il docente e il suo allievo, abituati ad interagire fisicamente, a ben sotto il metro di distanza.

-Ogni cambiamento richiede uno sforzo iniziale per adattarsi alle nuove regole. Quali sono state le difficoltà incontrate maggiormente da lei e dai suoi studenti nella DaD? Quali ritiene, invece, siano i punti di forza?

Cambiamento-adattamento.. niente di più esatto! Molti alunni hanno vissuto questo cambiamento con timore, diffidenza, paura, ansia e vergogna, ed è stato complicato accettare ed adattarsi alla nuova situazione. Anche noi docenti avremmo preferito svolgere lezione in presenza, ma purtroppo la nuova situazione implicava nuove regole, non potevamo fare altrimenti! Proprio per questo, tra la difficoltà maggiormente incontrata vi è stato il rifiuto di alcuni a svolgere lezioni online: “non ho internet, non ho il pc: non posso seguire le lezioni”, “il pc oggi serve a mia sorella”, “prof., mi connetto per la lezione ma il computer non ha la webcam e il microfono non funziona”. Con il passare delle settimane, rassegnati che ormai l’anno scolastico sarebbe terminato con la DaD, hanno iniziato ad interagire attivamente anche i più timidi, ma due miei allievi sono stati coerenti con il loro desiderio di andare contro corrente, non permettendo ad alcun docente di raggiungerli. A tal proposito, ancora una volta, le famiglie hanno avuto un ruolo dominante: alcuni allievi, dopo una sola segnalazione del docente al genitore, hanno iniziato a partecipare attivamente alle attività proposte; altri, specie coloro con situazione familiare socio-culturale svantaggiata, in quella circostanza più che mai si sono disinteressati alla vita scolastica dei propri figli, non intervenendo in alcun modo per spronarli alla frequenza. La DaD ci ha insegnato che se si ha voglia, desiderio e passione di insegnare e di imparare lo si fa con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi situazione emergenziale. Lo spirito di adattamento fa sì che ciascuno adotti le proprie strategie per raggiungere, o essere raggiunto, anche da remoto, scoprendo in alcuni casi importanti risorse di cui io personalmente ho deciso di non fare più a meno. Anche a inizio di questo nuovo anno scolastico ho attivato una classe virtuale con i miei allievi, ma non per sentirmi pronta in caso di nuovo lockdown; è vero che lo scorso anno prima di avere l’iscrizione di tutti e prima di imparare tutte le funzioni ci avevamo impiegato molto, quindi trovarsi pronti non sarebbe male, ma lo scorso anno abbiamo compreso che la tecnologia può arrivare in supporto non solo laddove non è possibile svolgere lezioni in presenza, ma anche come integrazione. Lì oggi distribuisco materiale, creo compiti, chiedo registrazioni, restituisco i compiti corretti con i giudizi sul lavoro svolto, e loro possono scrivermi per delucidazioni. L’account istituzionale mi aiuta a separare la vita privata dal lavoro, e con le giuste regole e il rispetto delle scadenze, riesco a gestire il mio tempo. D’altronde noi docenti di strumento, tra l’organizzazione di eventi musicali scolastici, il calendario delle prove, la scelta e la trascrizione delle parti, e tanto altro, siamo abituati a lavorare anche quando non siamo presenti a scuola.

-Le va di raccontarci l’esperienza più bella e quella più problematica con la DaD?

Lo scorso anno avevo programmato almeno un incontro collettivo la settimana, preferivo che gli alunni continuassero ad interagire tra di loro. Puntualmente c’era colui che si collegava in anticipo e che a fine lezione dicesse “già è ora!”, ma c’era anche chi, a telecamera spenta, parlava solo se interpellato e con un filo di voce. La lezione iniziava sempre con alcuni minuti di ‘libertà’, era come il loro di momento di ricreazione quando si è in classe sorvegliati, ma si è liberi di alzarsi e interagire. Ogni giorno mi collegavo in anticipo, dicevo al primo che si connetteva che avremmo iniziato quando sarebbero stati tutti, e che nel frattempo io mi sarei allontanata dal pc. In quel modo sapevo che avrei permesso a loro di avere un momento in cui raccontare e raccontarsi. Il più timido non parlava mai, il più simpatico faceva sorridere tutti, il più tecnologico spiegava come attivare/disattivare alcune funzioni, il più svogliato chiedeva quale fosse la scadenza per la consegna della ricerca di storia e la possibilità di fare un lavoro di gruppo, il più intellettuale faceva puntualmente il resoconto su contagiati e morti Covid… Iniziata la lezione, i ruoli restavano pressoché quelli ma a coordinare il tutto vi era il direttore di orchestra, che con maestria dava a tutti la possibilità di esprimersi e faceva sì che il contributo di ciascuno arricchisse l’intero gruppo. La lezione terminava sempre con il sorriso e la voglia di incontrarci di nuovo. Quegli incontri formativi rappresentavano per tutti un’occasione di evadere dalla paura del virus, in effetti nelle case si parlava solo di quello. Quando si avvicinò giugno, gli alunni che avrebbero da lì a poco dovuto discutere la propria tesina mostravano più ansia di tutti. L’esperienza più bella? Su loro proposta, durante una delle ultime lezioni di strumento, gli alunni delle classi terze suonarono, uno ciascuno, il loro brano d’esame, all’orecchio attento dei propri compagni di corso. Qualcuno fece notare che quella lezione, non volendo, aveva dato a questi alunni uscenti, la loro ultima occasione di fare il saggio di classe. L’esperienza più brutta coincide, invece, con un mio errore: durante la mia seconda lezione online mi accorsi che due miei allievi erano presenti nella video-lezione ma giocavano tra di loro online con la playstation, non presi grandi provvedimenti, in effetti non avevo ancora compreso quale metodo fosse giusto per il nuovo mezzo: la mia lezione online era troppo noiosa. Questa esperienza aveva, non volendo, sollevato una grande necessità: programmare lezioni interattive e coinvolgenti. Ciononostante, la vera problematica era fare lezione di strumento con i pochi, non idonei, o nulli mezzi di cui dispongono oggi gli attori della scuola. La didattica d’emergenza ci ha fatto notare che sarebbero necessari: una connessione stabile ed efficiente; un software gratuito che consenta di suonare insieme senza latenza; mezzi tecnologici di ultima generazione che permettano di registrare performance e di partecipare a video-lezioni con una buona qualità audio-video; un’applicazione istituzionale che renda i materiali facilmente condivisibili e accessibili tra i docenti, tra docenti e allievi, tra allievi, tra la scuola e le famiglie, in uno spirito di collaborazione e condivisione.