Di Valentina Onori, laureanda in psicologia e tirocinante Pianeta Idea

La pratica della scrittura risale a migliaia di anni fa e con il passare del tempo si è sviluppata grazie anche all’avvento della carta stampata, del riconoscimento dell’alfabetizzazione e lo sviluppo delle strutture scolastiche.

A fianco di questo progresso vennero alla luce anche dei deficit nella lettura. I primi studi scientifici furono condotti nella seconda metà dell’800 e riconducono questo deficit a danni neurologici: in particolare ricordiamo il neurologo tedesco A. Kussmaul che ha mostrato interesse verso degli adulti con problemi di lettura e coniò il termine “cecità di parole”. Successivamente un oftalmologo tedesco R. Berlin usò per la prima volta il termine “dislessia” al posto di “cecità di parole” per descrivere il caso di un paziente adulto con dislessia acquisita causata da una lesione cerebrale. Più avanti gli studi di un chirurgo oculista che descrisse la dislessia come un disturbo congenito e per niente raro, stimolarono W. Pringle Morgan ad intraprendere degli studi su questo disturbo e parlò di un ragazzo di 14 anni con difficoltà nella lettura, soprattutto di parole lunghe, nessuna difficoltà nello spelling e in alcun modo inferiore ai ragazzi della sua età.

Dal 2010 la dislessia insieme alla disgrafia, la disortografia e la discalculia rientra nei Disturbi Specifici di Apprendimento e la causa sembra essere riconducibile a fattori ambientali e disfunzioni neurobiologiche che interferiscono con il normale processo di acquisizione di lettura, scrittura e di calcolo.
Nella quotidianità fare una diagnosi di DSA non è sempre stato immediato, molto spesso si attribuiva ai bambini l’appellativo di “pigro, svogliato, incompetente” quando invece il problema era tutt’altro e si arrivava all’età adulta senza avere una diagnosi e di conseguenza con un percorso di vita tortuoso.
Negli anni gli studi scientifici non si sono fermati e questo disturbo è stato sempre più conosciuto, riconosciuto e affrontato.

Oggi fare una diagnosi precoce è sempre più vicina alla realtà: il numero di diagnosi negli ultimi anni è aumentato in modo esponenziale e questo è un fatto molto importante. La conoscenza ci permette di affrontare la vita con gli strumenti giusti.